L’Associazione dei mastri oleari, in collaborazione con il comune di Vetralla (Viterbo), ha organizzato un ciclo di sei conferenze sul tema “Olio e salute, le prospettive del III millennio”. Il primo incontro è stato con il Prof. Francesco Violi, Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche dell’Università La Sapienza di Roma, che ha ricordato i benefici della dieta mediterranea sottolineando come all’utilizzo regolare dell’olio extravergine d’oliva nella dieta segua una diminuzione del tasso di mortalità per eventi cardiocircolatori.

LA RICERCA DEL PROF. FRANCESCO VIOLI

Olio extra vergine d’oliva e diabete

Il prof. Violi ha descritto i risultati della ricerca condotta dal suo team su 30 pazienti con compromissione della glicemia a digiuno (IFG), cui è stato somministrato, in modo casuale, un pasto contenente meno 10 g di EVO (olio extravergine d’oliva). Prima di pranzo, 60 minuti e 120 minuti dopo pranzo è stato prelevato un campione di sangue per misurare: insulin, Glucagon-like peptide-1 (GLP1), dipeptidyl-peptidase-4 (DPP4) activity, triglycerides (TG), total cholesterol, HDL-cholesterol and Apo B-48. I risultati sono stati sorprendenti: i soggetti che avevano assunto i 10 g. di olio extravergine d’oliva mostravano a 60 e 120 minuti dal pasto un aumento di glucosio nel sangue inferiore di circa 20 mg/dl rispetto a chi non aveva assunto olio EVOO. Dato confermato dall’aumento della produzione di insulina nei soggetti che avevano assunto i 10 g. di olio nel pasto.

Results Interventional study

L’oleuropeina abbassa la glicemia

Non restava che “scoprire” il responsabile di questi effetti benefici, individuato dal prof Violi nell’oleuropeina: il principale polifenolo presente nelle foglie e nei frutti dell’olivo (l’oleuropeina si ritrova nell’olio di oliva sia nella forma legata ad una molecola di glucosio (glicoside), che nella forma non glicata – Fonte Wikipedia).Somministrata sotto forma di “medicina” (in compresse) l’oleuropeina ha replicato i risultati dello studio condotto attraverso assunzione di olio Evoo, verificando, ha sottolineato il Prof. Violi, che “il consumo di 10 gr di olio extravergine d’oliva durante i pasti riduce di circa 20 mg/dl la glicemia postprandiale, potenzialmente prevenendo la patologia in chi è sano, ma anche contribuendo a gestirla al meglio in chi è già diabetico”

Cioccolato per diabetici? Si, se fatto con olio dalle olive

La conferenza si è conclusa con una buona notizia, soprattutto per i golosi di dolci e cioccolata in particolare. “Visti i risultati abbiamo pensato – ha affermato il Prof. Violi – di analizzare se l’aggiunta di oleuropeina, che avevamo identificato come responsabile della diminuzione di glicemia postprandiale, nella preparazione della cioccolata riducesse il picco glicemico: il risultato positivo ottenuto è molto importante, perché questo prodotto arricchito consente ai diabetici di poter assaporare una cioccolata normale, senza rinunciare al sapore. Soprattutto, permette ai pazienti sfruttare le potenziali proprietà benefiche del cioccolato: qualche grammo al giorno di cacao ha un buon affetto antiossidante e di protezione del sistema cardiovascolare, a cui non si dovrà più rinunciare soltanto perché il cioccolato ‘per diabetici’ è difficile da trovare o non è buono come quello normale”.

INTERVENTO DELLA DR.SSA SARA FARNETTI

Cosa e quali sono gli alimenti funzionali?


Che cosa è un “alimento funzionale”: un alimento di cui è stata provato un effetto biologico salutistico. Il principe di questi alimenti funzionali è l’olio extravergine d’oliva, perché contemporaneamente agisce su più funzioni metaboliche. “Non sceglierò gli alimenti in base alle calorie che contengono – ha affermato la dott.ssa Farnetti – quanto piuttosto in base al mix di elementi che non innescano nessuna reazione ormonale “tossica”, intendendo per tossica “non sostenibile” per noi stessi, per il nostro organismo. Alcuni mix di prodotti producono ormoni dannosi per l’organismo, scorie azotate che appesantiscono il lavoro di reni e fegato, e così via, da qui il concetto che non sempre dimagrire fa bene, il concetto di dimagrire non è guarire. Occorre quindi associare il concetto di mangiare a quello di guadagnare salute”.

“L’idea che il “grasso faccia male è errata – continua la dottoressa Farnetti – ed il grasso deve essere reintrodotto senza paura nella nostra alimentazione. Il grasso contenuto nell’olio extravergine di oliva è un grasso buono, guai se non fosse compreso nella nostra alimentazione. Un buon piatto di carciofi crudi, che fanno benissimo al fegato, conditi con olio extravergine d’oliva apporta grassi utili e non innesca il meccanismo insulinico, che è alla base dell’aumento di peso (in pratica si ingrassa). Gli ormoni sono centrali rispetto a quello che si mangia e vanno evitati o attivati i mix di cibi che ne favoriscono l’azione negativa positiva”.

Alcune fake news sul cibo

  • La pasta a pranzo fa dimagrire: FALSO. Dipende sempre dal mix di cibi che accompagnano la pasta. Se insieme alla pasta mangiamo 5 biscotti e una mela allora ingrassiamo, mentre se mangiamo insieme cicoria e un pugno di mandorle no.
  • L’acqua fa dimagrire: FALSO. L’acqua è un alimento, se ne beviamo 2 litri al mattino forziamo solo la diuresi renale e di certo non dimagriamo. L’acqua è un idratante e non un diuretico.
  • Mozzarella e pomodoro è un pasto leggero e dimagrante: FALSO. Il pomodoro crudo è un po’ acido, rallenta la digestione della mozzarella, la mozzarella è ricca di sali, il fegato di fronte ad un formaggio lavora lentamente, è un mix assurdo per chi vuole fare una dieta. Meglio pensare in modo diverso: straccetti di carne con rucola o broccoli stufati, meglio di un piatto che sembra “scondito” ma che attiva organi in modo “tossico”.
  • Cioccolato fa ingrassare: FALSO. Il cioccolato se fatto con una fava di cacao di qualità e soprattutto se molto fondente (minimo 85/90%) non solo mitiga la fame perché non innesca l’insulina, quindi si comporta in maniera opposta ad un dolce classico (che innescherebbe invece processi infiammatori).
  • Il minestrone fa dimagrire: FALSO. Se ad esempio mettiamo insieme fagioli e patate di certo non dimagriamo, se mixiamo molte verdure ipocaloriche forse si, ma non è detto che questo faccia bene alla salute del nostro organismo. Bollire tante verdure insieme, oltre a far perdere loro sostanze utili all’organismo, potrebbe portare alla formazione di cristalli di minerali che faremo fatica ad eliminare con i reni.

L’importanza dell’olio extravergine d’oliva in cucina

“Occorre dunque dosare e mixare gli alimenti in base al loro impatto sul nostro organismo – conclude la Farnetti – e non in base a credenze popolari, “sentito dire” o “si è sempre fatto così”. Ad esempio cucinare in olio stimola la capacità biliare di eliminare il colesterolo, utile a livello funzionale per guadagnare salute. La cottura in olio mi regala una situazione utile perché migliora l’eliminazione di bile, ha una azione lassativa, ma soprattutto un’azione anti insulina e (dunque non aumenta l’obesità viscerale). Un esempio: pane ed olio non attiva l’insulina, pane e prosciutto si. Mangiando il primo non ingrasso, mangiando il secondo, alla lunga si (oltre a produrre un effetto infiammatorio dato dall’aumento continuo di produzione di insulina). L’idea di limitare l’olio extravergine d’oliva quindi non va bene: il pane insieme all’olio diventa un alimento che cede meno carboidrati. In conclusione per modulare il carico glicemico degli alimenti posso agire conoscendo il giusto mix degli stessi, o anche sfruttando modalità di cottura e preparazione. In quest’ultimo caso l’olio extravergine d’oliva è il miglior alleato che abbiamo in cucina: friggere o spadellare gli alimenti nell’olio crea una protezione all’alimento che ne preserva le qualità nutritive, meglio una patata fritta bene, in un buon olio extravergine d’oliva, che una patata lessa!”.

SITO WEB DELLA DOTTORESSA SARA FARNETTI

INTERVENTO DEL DR. MASSIMO MARCHI

Olio e malattie neurodegenerative

Diceva Tucidide, il famoso condottiero e storico greco del V secolo avanti Cristo, che i popoli del mediterraneo cominciarono ad uscire dalla barbarie quando iniziarono a coltivare la vite e l’olivo. Non poteva certo conoscere tutte le proprietà e le virtù di questo prodotto e tuttavia ne aveva intuito l’importanza, sia per l’alimentazione che per la salute.

Le proprietà organolettiche, la bontà e l’utilità dell’olio in cucina sono note. Non tutti sanno però che l'olio extra vergine di oliva ha sull'organismo notevoli e vari effetti benefici, questo grazie all’alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi (Acido oleico), polinsaturi (Acido linoleico) e sostanze antiossidanti come i polifenoli e i tocoferoli.

Sistema cardio circolatorio: L'olio d'oliva interviene diminuendo il livello di colesterolo totale e, contemporaneamente, innalzando il livello del colesterolo HDL ossia quello "buono" in grado di "spazzare le arterie" dalle placche di colesterolo LDL accumulatesi.

Sistema scheletrico: L'olio d'oliva, favorendo il sistema di fissazione del calcio, è indicato per lo sviluppo del sistema scheletrico nei bambini e per rallentare i processi di decalcificazione e di indebolimento delle ossa nelle persone anziane. Per lo stesso motivo, inoltre, riveste un ruolo di primaria importanza per le madri in allattamento e in gestazione che abbisognano di molto calcio per svolgere questi delicati compiti.

Non poteva certo mancare il Sistema nervoso, quindi il cervello con tutte le sue funzioni.

Per comprendere meglio come l’olio di oliva possa influenzare positivamente le funzioni cerebrali dobbiamo da una parte tener presenti quali sono le sostanze contenute nell’olio che tornano utili a questo scopo e dall’altra conoscere un po’ più da vicino la conformazione e la struttura del cervello.

  - "Luca" (Last Universal Common Ancestor) 3,8 miliardi di anni fa

  - Due miliardi e mezzo di anni fa si formarono le prime cellule

  - Un miliardo e mezzo di anni fa comparvero le prime forme viventi elementari

  - Mezzo miliardo di anni fa i protopesci

  - 400 milioni di anni fa i rettili e gli anfibi

  - 300 milioni di anni fa si forma il primo neurone (per la prima volta un calamaro, anziché avere centri nervosi sparsi su tutto il corpo, possedette un unico neurone centrale).

La prima tappa evolutiva dell’uomo è stata quella di aumentare il numero di neuroni, la seconda di accrescere i contatti interneuronali, la terza quella della specializzazione del cervello in aree funzionali, le quali contraddistinguono le varie attività cerebrali.

Il cervello è quindi l'organo preposto al controllo ed alla coordinazione di tutte le funzioni organiche. Purtroppo, come vedremo, indipendentemente dalla nostra volontà, il cervello può “ammalarsi e non funzionare più bene”.

Il neurone è l'unità di base del sistema nervoso, una cellula altamente differenziata e specializzata per la raccolta, l'integrazione e la conduzione di impulsi nervosi. Dal corpo cellulare del neurone si diramano due tipi di fibre nervose, un assone e numerosi dendriti. L'assone è preposto alla conduzione dei messaggi che da un neurone vengono inviati ad altre cellule. I dentriti, al contrario, trasmettono al corpo cellulare del neurone i segnali nervosi provenienti da altri neuroni.

La sinapsi è la giunzione tra due neuroni specializzata nella trasmissione dell'impulso nervoso. Tra due neuroni si frappone la cosiddetta fessura sinaptica. In questo spazio, attraverso l'intervento di sostanze chimiche neurotrasmettitori, si realizza la comunicazione tra cellule nervose.

L'uomo alla nascita ha nel cervello circa 100 miliardi di neuroni ma sono tutti vuoti, infatti mancano le esperienze, le informazioni, il deposito di queste, e mancano innanzitutto le connessioni tra loro. Queste connessioni i neuroni iniziano a costruirle dal primo istante di vita. Il cervello del neonato pesa circa 400 grammi e raggiunge i 1000 grammi al primo anno di vita. La crescita continua poi fino alla prima adolescenza, quando raggiunge il peso medio adulto (1230 -1275 per le femmine e 1350-1410 per i maschi). A partire dai 25 anni costantemente muore ogni anno circa l'1% del totale dei neuroni.  Spetta solo a noi movimentare le informazioni acquisite, trasferendole nei miliardi di neuroni che non abbiamo mai utilizzati.

Con le informazioni nascono le ramificazioni neurali, con gli impulsi che vanno dalla periferia al centro, che fa le associazioni, poi le comparazioni di quanto immagazzinato, e quindi fornisce le risposte con altri impulsi, in base alle esperienze negative o positive già fatte.

La parte anatomica del neurone che ci interessa più da vicino è la membrana cellulare. La membrana è un sottile rivestimento che delimita la cellula, la separa con l'ambiente esterno e ne regola gli scambi con questo. E’ formata in prevalenza da lipidi e più precisamente fosfolipidi, che costituiscono per 1/3 la composizione delle membrane delle cellule nervose e sono quindi i mattoni dell’edificio cerebrale. Se mancano o non sono quelli adatti, i messaggi tra una cellula e l’altra non passano normalmente, le membrane diventano più sensibili alle sostanze tossiche e muoiono più rapidamente.

E' accertato che l'olio d'oliva ha un benefico influsso sullo sviluppo del sistema nervoso e del cervello, in particolar modo nelle primissime fasi dell’infanzia. In età senile, invece, previene l'insorgenza di malattie legate al rallentamento ed al deterioramento delle funzioni cerebrali.

Un lavoro di Francesco Sofi, nutrizionista dell'Università di Firenze, dopo aver analizzato diversi studi pubblicati negli anni sul British Medical Journal, arriva alla conclusione che la dieta mediterranea, di cui una parte essenziale è data dall’olio di oliva, è in grado di ridurre del 13 per cento l'incidenza di malattie come Parkinson e Alzheimer.

Gli effetti benefici dell'olio di oliva sulla salute sono prevalentemente dovuti all'azione antiossidante di alcuni suoi costituenti come gli acidi grassi monoinsaturi, in prevalenza l'acido oleico, presenti in alte concentrazioni, il tocoferolo (vitamina E), e i composti polifenolici. Gli antiossidanti si legano a molecole altamente instabili che si formano nel corso del metabolismo cellulare dell'ossigeno, i cosiddetti radicali liberi. I radicali liberi sono dei prodotti di scarto della respirazione cellulare e derivano quindi dall’ossigeno. Se prodotti in larghe dosi, o lasciati accumulare, si legano con componenti essenziali della cellula nervosa, ne alterano la struttura e ne favoriscono la degenerazione.

I tessuti cellulari del sistema nervoso centrale sono particolarmente sensibili all’azione dannosa dei radicali liberi per molteplici ragioni. Il cervello, infatti, utilizza circa un quinto della domanda totale di ossigeno del corpo, e in proporzione sviluppa una maggior quantità di radicali liberi. Inoltre, il tessuto cerebrale contiene un’altissima quantità di lipidi polinsaturi, il substrato più esposto al danno ossidativo.

Ma soprattutto le cellule neuronali non sono particolarmente ricche di quegli enzimi che compongono la barriera di difesa antiossidante, nè di altre sostanze come la vitamina E che fungono da “spazzini naturali” contro i radicali liberi.

Ecco perché una dieta equilibrata che contenga fra l’altro una giusta quantità di olio di oliva, aiuta a preservare la salute ed in particolare la funzione cerebrale.

Recentemente uno studio epidemiologico-clinico nazionale denominato Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA) ha dimostrato che l'assunzione quotidiana di olio di oliva rappresenta un fattore protettivo nel contrastare il cosidetto declino cognitivo che interessa le persone ultrasessantacinquenni, con compromissione quindi di varie funzioni quali memoria ed apprendimento, attenzione e concentrazione, ragionamento e capacità di pensiero astratto, linguaggio compreso ed espresso, per una durata superiore a sei mesi consecutivi.

Lo stress ossidativo, definito classicamente come l'effetto finale dello squilibrio fra produzione ed eliminazione di specie chimiche ossidanti, costituisce, come detto, uno dei fattori di rischio emergenti per la salute. Ad esso, infatti, risultano associati non solo l'invecchiamento precoce, ma una serie di quadri morbosi, spesso di natura degenerativa e ad andamento cronico.

In particolare, il Sistema Nervoso Centrale rappresenta, per le ragioni prima esposte (elevato consumo di ossigeno, alti livelli di ferro, concentrazione significativa di acidi grassi polinsaturi, etc.) uno dei principali bersagli dello stress ossidativo che, a ragione, viene oggi considerato uno dei principali cofattori di malattie neurodegenerative (malattia di Parkinson, malattia di Alzheimer, etc.). Se prendiamo in considerazione la malattia di Alzheimer è interessante sapere che uno studio di ricercatori americani dell’Università di Chicago ha scoperto che un composto dell’olio di oliva, l'oleocantale protegge contro la demenza di Alzheimer alterando la struttura delle proteine neurotossiche che si ritengono contribuiscano agli effetti debilitanti di questa malattia.

Uno studio, pubblicato nel 2013 da ricercatori della University of Louisiana di Monroe, ha concluso che elevate quantità di oleocantale diminuiscono l'accumulo di amiloide-beta nel cervello, una delle principali caratteristiche della malattia di Alzheimer.

La malattia di Alzheimer, il cui nome deriva da Alois Alzheimer, il medico che attorno al 1910 diede nome a questa forma di declino cognitivo da lui studiato, è la più comune causa di demenza. Tra il 50 e il 70% delle persone affette da demenza soffrono di malattia di Alzheimer. Si tratta di un processo degenerativo cerebrale che provoca un declino progressivo e globale delle funzioni intellettive associato ad un deterioramento della personalità e della vita di relazione. La malattia di Alzheimer colpisce circa il 5% delle persone con 60 o più anni: in Italia si stimano oltre 500.000 ammalati.

La malattia di Parkinson è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Il nome deriva dagli studi del dr. James Parkinson che attorno al 1917 descrisse il quadro sindromico chiamandolo «paralisi agitante». Quaranta anni dopo, Charcot descrisse di nuovo questa condizione clinica, chiamandola "malattia di Parkinson". Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile. L'età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5% dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni. Prima dei 20 anni è estremamente rara. Sopra i 60 anni colpisce 1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l'età è superiore agli 85. Le strutture coinvolte nella malattia di Parkinson si trovano in aree profonde del cervello, note come gangli della base (nuclei caudato, putamen e pallido), che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti (ma non solo).a malattia di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente. I livelli ridotti di dopamina sono dovuti alla degenerazione di neuroni, in un'area chiamata Sostanza Nera (la perdita cellulare è di oltre il 60% all'esordio dei sintomi). Anche per quanto riguarda il Parkinson esistono alcuni studi che dimostrano come alcune sostanze contenute nell’olio di oliva riducono il rischio di ammalarsi di questa malattia. In particolare medici canadesi hanno esaminato otto studi pubblicati nella letteratura medica mondiale fra il 1966 e il marzo 2005, per valutare la possibilità, o meno, che una dieta ricca di vitamina C, vitamina E e beta-carotene (pro-vitamina A) riducano il rischio di ammalarsi di Parkinson. Ne è risultato che l'assunzione di vitamina E svolge un'azione preventiva nei confronti del Parkinson.

La SLA, Sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta anche come "malattia dei motoneuroni", "malattia di Lou Gehrig" (dal nome del giocatore di baseball la cui malattia nel 1939 fu portata all'attenzione pubblica) o "malattia di Charcot" (dal cognome del neurologo francese che per la prima volta descrisse questa patologia nel 1860), è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale in grado di regolare l'attività di contrazione dei muscoli volontari.

La SLA è una patologia rara (incidenza: 1-3 casi ogni 100.000 individui all’anno) e, nella quasi totalità dei casi, sporadica (le forme familiari sono circa il 10% del totale dei pazienti). Verosimilmente si tratta di una malattia ad origine multifattoriale; attualmente le ipotesi più accreditate per spiegare la degenerazione neuronale sono due: un danno di tipo eccitotossico, dovuto ad un eccesso di Glutammato, e un danno di tipo ossidativo, dovuto ad uno squilibrio tra sostanze ossidanti e sostanze riducenti nel microambiente che circonda i motoneuroni colpiti.

Fondamentalmente la causa della SLA è ignota. Un importante passo avanti verso una risposta della questione risale al 1993, quando alcuni scienziati scoprirono che mutazioni nel gene che produce la superossido dismutasi (nota anche come SOD1) erano associate con la SLA familiare. Questo enzima è un potente antiossidante che protegge il corpo dai danni causati dal superossido, un radicale tossico.

INTERVENTO DEL PROF. EUGENIO SANTORO

Medicina e chirurgia al tempo degli etruschi

Il Professor Eugenio Santoro, specialista in chirurgia oncologica e Presidente della Fondazione San Camillo-Forlarini ha presentato il suo ultimo libro “Medicina e chirurgia al tempo degli etruschi”, in collaborazione con il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

Una pluriennale e fondamentale collaborazione senza la quale non sarebbe stato possibile avere notizie del popolo etrusco in quanto non vi sono testi scritti se non notizie della medicina degli etruschi trasmesse in maniera frammentaria da altri autori greci e latini. L’archeologia e i reperti ritrovati hanno invece permesso una ricostruzione realistica, seppur parziale, dell’arte medica di quella civiltà, dalle patologie che l’affliggevano ai rimedi rigorosamente naturali cui facevano ricorso, oltre l’uso delle acque termali delle quali i territori etruschi erano e sono tuttora particolarmente ricchi.

Lo studio della Medicina degli Etruschi porta a fare un salto nel passato di circa venticinque secoli fa, quando quel popolo occupava l’Italia centrale da Veio a Mantova, fino alla vittoria da parte dei romani delle battaglie dal terzo secolo avanti Cristo; da questo periodo in poi del popolo etrusco non vi è più traccia nella storia. Parlare però di chirurgia o dell’arte chirurgica al tempo degli Etruschi è prematuro: la medicina per la civiltà etrusca era un misto di superstizione e di magia, gestita da sacerdoti-aruspici la cui funzione non corrispondeva a quella della chirurgia di oggigiorno.

Nella civiltà etrusca la pratica medica era considerata direttamente proveniente dal volere degli Dei, per questo le attività mediche erano affidate ai Sacerdoti ed ai Capifamiglia. La vicinanza alla religione facilitava il compito della medicina sacerdotale: se il risultato era positivo veniva considerato miracolo, al contrario, il cattivo esito veniva attribuito alla divina volontà, salvaguardando così la propria posizione carismatica.

Interesse primario della società etrusca, allora come ancora oggi era la maternità e l’infanzia. Molte sono le statue in pietra e terracotta conservate risalenti alla civiltà preromana che rappresentano la dea protettrice del parto e del neonato. Quando le gravidanze non andavano a buon fine e le mamme morivano a causa di parti complicati, si procedeva con l’estrazione chirurgica del bambino, l’attuale taglio cesareo.

Restano ignote le condizioni di salute degli Etruschi in quanto non vi sono testi scritti che ne parlano. Le poche notizie provengono dai ritrovamenti archeologici di pitture tombali, o immagini riportate sul vasellame ma anche dalle analisi antropologiche dei resti ossei rinvenuti. Secondo la tipologia di ritrovamenti archeologici, sembrerebbe che la maggiore qualità della medicina etrusca riguardava l’odontoiatria e l’ostetricia. La mortalità infantile e le malformazioni del neonato erano uno dei principali problemi dell’epoca in quanto il sesso era uno dei piaceri della vita, insieme al cibo. La donna etrusca godeva di grandi libertà ed era padrona della propria vita. Poiché la contraccezione era sconosciuta e altrettanto sconosciuto era il problema della consanguineità, era elevato il numero di nascite e venivano tramandate malattie ereditarie attraverso le unioni tra parenti.

I denti degli Etruschi rappresentano una preziosa fonte di informazioni sulle caratteristiche di quel popolo. Sono molti i ritrovamenti grazie ai quali è stato possibile dedurre che avevano grande cura per la bocca, vista l’assenza di carie dentarie. Il gran numero di protesi suggerisce quanto gli Etruschi tenessero all’estetica e al sorriso, ma anche all’interesse verso il cibo, difendendo così l’attività masticatoria. Sono molti i musei che oggi in Italia conservano materiale odontoiatrico etrusco, le cui soluzioni sono ancora oggi valide.

Gli Etruschi erano dei veri artisti-artigiani con un’elevata qualità professionale. Utilizzavano oro e metalli preziosi per realizzare protesi e corone adatte alle esigenze con risultati eccellenti. Se tutto questo materiale odontoiatrico è giunto fino ai nostri giorni è perché gli Etruschi consideravano il cadavere intoccabile, per cui i defunti venivano sepolti con le protesi, anche se d’oro.

Un grave problema che incideva sulla durata della vita le cui aspettative non superavano i quarant’anni era quello delle infezioni che aggredivano le ferite provocate durante l’attività lavorativa oppure nell’ambiente domestico compresi i rapporti sessuali e anche i polmoni sotto forma di tubercolosi. Per tutte queste patologie interveniva la Medicina sacerdotale, attraverso la magia e la superstizione, con risultati affatto positivi. Attraverso i numerosi ex voto raccolti in tutta Italia sono evidenti anche altre patologie ossee delle mani e dei piedi come l’artrite reumatoide e l’alluce valgo.

Negli anni gli etruschi svilupparono una medicina basata sui prodotti della natura: capirono che nelle piante, nei vegetali, nelle acque era possibile trovare i rimedi contro le malattie. La medicina etrusca quindi era basata sull’impiego di piante officinali delle quali la natura era ricca. Tra questi alberi, un ruolo preminente spetta all’ulivo. Attraverso il succo delle olive, allora come oggi, venivano prodotti oli medicinali contenenti sostanze curative, con virtù medicinali tanto per uso esterno che interno.

PAGINA WIKIPEDIA DEL PROF. SANTORO

INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LISA CLODOVEO

Evo-luzione: dalla tecnologia alla tavola

La Professoressa Maria Lisa Clodoveo, docente di scienze e tecnologie alimentari del Dipartimento Interdisciplinare di Medicina dell’Università di Bari, in occasione dell’ultimo incontro con Olio&Salute ha affrontato l'argomento "Evo-luzione: dalla tecnologia alla tavola". La Professoressa coltiva una passione nei confronti dei ristoranti visti come “ambasciatori” dell’olio extravergine di oliva di qualità e ci illustra le motivazioni per cui è importante promuovere l’olio nei ristoranti.

Evo-luzione: dalla tecnologia alla tavola

Il ristorante è il luogo d'elezione per sviluppare una nuova sfera esperienziale della scienza della cucina e del gusto: l'elaiogastronomia. Quest'ultima rappresenta la possibilità di degustare un piatto, o un intero menù, capovolgendo il semplice paradigma dell'olio abbinato alla pietanza e creando ricette "elaiocentriche" che da un lato siano in grado di offrire combinazioni autentiche e identitarie di un territorio (molte ricette hanno alle spalle tradizioni centenarie e dovrebbero essere condite esclusivamente con olio da cultivar tipiche del territorio), dall'altro che rappresentino una palestra di gusto e cultura capace non solo di offrire al protagonista del convivio la soddisfazione dei sensi, ma anche di creare, attraverso l'intrattenimento, una cultura di prodotto e una corrispondente catena di valore nella filiera olivicolo-olearia.

L'elaiogastronomia si sta affacciando al mercato della ristorazione offrendo un nuovo segmento di consumo e favorendo la nascita di professionalità nuove, tanto nella brigata di cucina quanto in quella di sala. Vivere una esperienza elaiogastronomica richiede formazione oltre che un investimento economico, da parte del ristoratore, nella creazione della carta degli oli che necessita dell'acquisto dei migliori oli nel panorama olivicolo nazionale e internazionale. La carta degli oli, però, deve mantenere tutte le finalità delle altre carte presenti nella ristorazione.

Da un lato ogni carta è di per sé uno strumento di vendita, pertanto occorre una rivoluzione nelle modalità di presentazione del prodotto tale da far accettare al commensale una nuova voce di spesa nel conto. Dall'altro la carta, con le sue promesse di diversificare le percezioni visive, olfattive e gustative, rappresenta una promessa che il ristoratore deve essere in grado di mantenere. Bisogna ricordare infatti che l'olio è vivo e si trasforma, soprattutto se la bottiglia viene aperta e conservata in condizioni non idonee. Se la carta degli oli declama profumi di erba appena tagliata, carciofo o pomodoro, l'unico modo per garantire che la promessa , anzi il contratto, sia mantenuto è aprire la bottiglia, di piccole dimensioni, alla presenza del cliente servendo l'olio in sala (non aggiungendolo in cucina) e consentendo al consumatore di godere la dimensione edonistica generata dalle centinaia di composti volatili che si liberano al contatto tra l'olio e la pietanza tiepida. La nube di aromi che si genera è preludio e annuncio del gusto che si percepirà all'assaggio.

Il carrello dell'olio con decine di bottiglie aperte da tempo è la premessa del fallimento dell'elaiogastronomia perchè offre una gamma di prodotti poco differenziati, ossidati ed alterati.

Agli scettici che non credono che si possa vendere l'olio al ristorante, generando l'equo valore lungo la filiera, in grado di assicurare il giusto reddito a produttori e frantoiani, dovremmo rispondere che trenta anni fa, quando l'acqua si serviva nella brocca, nessuno avrebbe mai creduto di poter vedere, nel conto, il prezzo della bottiglia di acqua minerale.

L’olio è davvero un potente elemento in grado di trasformare un piatto banale in una pietanza capace di generare l’acquolina in bocca. Torniamo con la memoria al momento in cui (ognuno di noi l’ha vissuto) abbiamo aggiunto l’olio nuovo ad un piatto di legumi invernale. Ecco! È proprio quella sensazione che vale la pena di provare, rifiutandosi di aggiungere un olio qualunque da una oliera anonima e pretendendo, al ristorante, un olio di alta qualità da una bottiglia con tappo antirabbocco ed etichetta.

PAGINA DELLA PROFESSORESSA CLODOVEO @ UNIBA

INTERVENTO DEL PROF. RICCARDO AMIRANTE

"Ultrasuoni: più qualità". Estrazione dell'olio dalle olive con ultrasuoni

Il Professor Riccardo Amirante, autore della tecnologia di estrazione dell’olio dalle olive con gli ultrasuoni in occasione dell’ultimo incontro con Olio&Salute ha affrontato l’argomento: “Ultrasuoni: più qualità“. Dopo anni di studi, nasce un impianto innovativo il quale è stato sperimentato e da cui è emerso che l’olio prodotto con la tecnica di estrazione con gli ultrasuoni è di maggiore qualità e funzione salutistica. Oggi tale impianto è in produzione e sta per essere venduto sul mercato. Il professor Amirante spiega quali sono i vantaggi della tecnologia di estrazione dell’olio dalle olive con gli ultrasuoni.

Il processo di estrazione dell'olio vergine dalle olive: i limiti dell'attuale tecnologia

Nel settore olivicolo oleario le leve che guidano la ricerca e lo sviluppo di innovazioni sono costituite dalla necessità di favorire, durante il processo di estrazione, la separazione della più elevata quantità di olio, e della migliore qualità, modulando opportunamente la complessa serie di trasformazioni fisiche, chimico-fisiche, chimiche e biochimiche all'interno della pasta di olive. L'incremento della resa e della qualità del prodotto sono obiettivi, con la tecnologia attualmente in uso, in antitesi, che non possono quindi essere conseguiti contemporaneamente, ma che è necessario conciliare, sviluppando soluzioni, per garantire una equa redditività agli operatori del comparto. Le soluzioni innovative possono essere distinte per il grado di novità rispetto alla tecnologia, all’organizzazione e alla domanda esistenti, in due differenti tipologie: le innovazioni incrementali e le innovazioni radicali. Le innovazioni incrementali comportano il miglioramento di un processo, di un prodotto o servizio rispetto ad uno specifico modello o processo già esistente. Le innovazioni radicali rappresentano una rottura con i prodotti o processi esistenti. Le innovazioni incrementali sono molto numerose, mentre quelle radicali sono più rare.

Se consideriamo l’industria delle macchine ed impianti per il settore oleario possiamo affermare che la vera rivoluzione, cioè la prima, e al contempo l’ultima, innovazione di tipo radicale, è rappresentata dall’introduzione della separazione centrifuga dell’olio e la trasformazione dell’obsoleto sistema di estrazione a pressione, caratterizzato da bassa capacità lavorativa, elevata richiesta di manodopera e scarsi standard igienici, nel moderno sistema “continuo”, altamente efficace ed efficiente. Questa innovazione, risale ormai agli anni ’70 e ha comportato la necessità di combinare il decanter, la centrifuga ad asse orizzontale che separa in modo continuo l’olio dalla pasta di olive, con la gramola, macchina che opera in batch e che è necessaria per favorire, grazie allo scambio termico e all’agitazione, la coalescenza delle minute goccioline d’olio liberate dalla frangitura in gocce di diametro maggiore, sufficiente per essere separate in un campo centrifugo e garantire rese soddisfacenti.

Che la gramolazione fosse un "male necessario", come la si è sempre basata: riscaldamento e agitazione. Possiamo considerare, con buoni margini di certezza, che ogni sforzo tecnologico basato sull’ottimizzazione di 9 di 16 questi fattori abbia raggiunto l’apice dell’applicabilità e che le macchine attualmente in commercio siano le più performanti possibili. Scarse sono le prospettive di miglioramento perseguibili tecnicamente se si persevera con gli stessi approcci ormai consolidati.

Guardando alle caratteristiche dei sottoprodotti oleari è chiaro che c’è ancora spazio per incrementare l’efficacia e l’efficienza delle macchine destinate all’estrazione olearia. Ed è qui forse il caso di soffermarsi sui termini “efficacia” ed “efficienza”, spesso usati indistintamente come sinonimi, ma che riflettono in realtà due concetti ben distinti. L’efficacia, infatti, indica la capacità di raggiungere l’obiettivo prefissato, mentre l’efficienza valuta l’abilità di farlo impiegando le risorse minime indispensabili. Nel caso dell’impiantistica olearia possiamo affermare che una tecnologia è efficace se è in grado incrementare le rese e il contenuto di sostanze antiossidanti riducendone le perdite nei sottoprodotti, ed è efficiente se raggiunge questi obiettivi in maniera sostenibile, riducendo i costi energetici con vantaggio per le economie aziendali e l’impatto sull’ambiente.

Benefici degli ultrasuoni nell'estrazione dell'extravergine

Efficacia ed efficienza del processo di estrazione dell'olio extravergine di oliva possono essere obiettivi conseguibili anche grazie all'impiego di tecnologie emergenti. Le tecnologie emergenti sono tecnologie disponibili a livello sperimentale, che hanno già mostrato vantaggi in altri campi di applicazione e i cui sviluppi sono considerati ormai estremamente promettenti nei prossimi decenni.

Nel caso del processo di estrazione dell'olio extravergine di oliva le tecnologie emergenti devono garantire di ottenere simultaneamente due effetti: meccanico, per la rottura delle cellule passate integre al frangitore e la liberazione di ulteriori quote di olio e composti minori, e termico, per accelerare, per mezzo dell'effetto idrofobico, la coalescenza delle minute goccioline lipidiche.

Tra le tecnologie emergenti candidabili a divenire nel prossimo futuro impianti in scala reale nel settore oleario, il gruppo di ricerca multidisciplinare, nato dalla collaborazione dell’Università di Bari – Prof. Maria Lisa Clodoveo – e del Politecnico di Bari – Prof. Riccardo Amirante, ha individuato gli ULTRASUONI, realizzando il primo impianto in scala industriale implementato in un frantoio che ha consentito di incrementare, per la prima volta in assoluto e simultaneamente nella storia dell’impiantistica olearia, la resa e il contenuto polifenolico dell’olio estratto.

Il trattamento ad ultrasuoni della pasta di olive è a pieno titolo classificabile come una mild technology, cioè è una tecnologia delicata che consente di coniugare, per la prima volta nella storia dello sviluppo di impianti oleari, l’incremento della resa (circa 1 kg di olio per 100 kg di olive) con l’incremento del contenuto in sostanze polifenoliche, minimizzando il danno termico ed ossidativo, attestato dalle analisi chimiche finalizzate alla classificazione merceologica e dal panel test. Il trattamento ad ultrasuoni della pasta di olive è una innovazione radicale poiché è l’unico processo che ha reso possibile estrarre più olio e con un contenuto polifenolico maggiore rispetto alla tecnica nota, a costi d’impianto che si ripagano ampiamente durante la prima campagna d’utilizzo grazie ai maggiori quantitativi d’olio con valore commerciale più elevato.

Perchè gli ultrasuoni sono stati combinati con lo scambio termico?

Una macchina che guarda al futuro non può prescindere dalla valutazione dei cambiamenti in corso nel settore olivicolo oleario: il progressivo anticipo dell’epoca di raccolta e gli inevitabili cambiamenti climatici che mitigano le temperature autunnali rendono sempre più necessaria l’applicazione delle basse temperature. Il Sono-Heat-Exchanger è stato progettato dimensionando sia lo scambio termico per il riscaldamento che per il raffreddamento, in modo da consentire al frantoiano esperto la massima modulazione della qualità del prodotto. Un effetto sorprendente riscontrato riguarda la valutazione sensoriale. Il risultato del panel test mostra un effetto vantaggio e inatteso. Come è possibile osservare, i grafici della analisi sensoriale rivelano 13 di 16 che l’olio sottoposto al trattamento con ultrasuoni, pur mantenendo l’impronta varietale fedele all’olio estratto con tecnologia continua tradizionale (con gramolazione), presenta un profilo organolettico più armonico sotto l’aspetto dell’amaro e piccante, che rende il prodotto più accettabile per i consumatori.

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